Balia Bufera. Il Gelo è più dolce della Vita, Alessandro Fantini, Lulu, 2017, 224 pagine
FANTASY DI FORMAZIONE
Alessandro Fantini, in arte AFAN VAN SANGRE, è un artista multimedianico dedito sin dall’infanzia alla commistione sperimentale di varie forme espressive (dal fumetto alla narrativa, dalla pittura alla musica e al video).
Nel 1992 scrive il suo primo romanzo gotico “Le colline di Laurie” influenzato da Edgard Allan Poe, H.P. Lovecraft e Maupassant. Nel 2007 pubblica il romanzo fantasy “Endometria – Il seme della carne” presentato alla Fiera del Libro di Torino.
Tra le sue numerose pubblicazioni ricordiamo le raccolte di racconti “Amorgue – Racconti dal Profondo Eros” (2008) e “Sylphie – Storie di Deliri, Delizie e Deiezioni” (2010); i romanzi “Cavalli marini sotto sclerotica” (2009), “Piercing d’Autunno”, “Nell’alba dell’Estuario” e “Le Notti alla Masseria Verla”; la raccolta di poesie “Precambriano con vista sul mare” (2009); e l’antologia di storie a fumetti “Linea Gustav” (2011).
In copertina:
Alessandro Fantini “La Lama dell’Albino”, olio su tela, 40×50 cm. (2017)
In un piccolo carcere, i ventenni Patrizio, Tonio e Fabiano pagano le conseguenze di un furto andato storto in un supermercato di Ferzano. Patrizio è un ragazzo riflessivo che ha partecipato alle rapine perché “troppo intossicato dalla paura e dalla vertigine del rischio per tornare all’insipida vita di tutti i giorni”, piuttosto che per una reale attitudine a delinquere; così sconta rapidamente la sua pena e viene assegnato ai servizi sociali nella casa famiglia Santa Pelva, azienda agricola costruita su un altopiano di montagna lontana dalla civiltà.
Il ragazzo capisce ben presto che nemmeno quella nuova vita in comunità può dare un significato alla profonda solitudine che da sempre si porta dentro. Ma le cose cambieranno dopo una visita al vicino Monte Crura, misterioso borgo di vecchie case apparentemente disabitate, che ogni diciassette anni viene sepolto da eccezionali bufere di neve.
Le inquietudini di Patrizio, dovute al suo passato, prenderanno forma nella figura di Greta, diciottenne confinata, insieme agli abitanti del borgo, in una ibernazione temporale custodita da enigmatiche entità. Si scopriranno entrambi prigionieri dei propri fantasmi, in una rivelazione che forse nasconde anche l’unica possibilità di evadere dai confini protetti da secoli dalla “Lama dell’Albino”.
L’autore si è ispirato all’altopiano innevato di Quarto Santa Chiara, in Abruzzo, e al paese di Pescocostanzo (per le descrizioni di Monte Crura), alle illustrazioni di Gnomi di Rien Poortvliet e a “Il popolo bianco” di Arthur Machen.
Come suggerisce l’autore stesso nell’introduzione, Balia Bufera è un libro da leggere fino in fondo con attenzione, non per intrattenersi o distrarsi, piuttosto per addentrarsi in profondità nei meandri che spesso evitiamo di proposito, un libro per sondare la propria autostima e riflettere sulle visioni surreali che il nostro inconscio può partorire quando si cerca la propria strada, in un mondo che non ci capisce, e che non capiamo.
La voce di Patrizio racconta in prima persona la storia, percorrendo la linea temporale più volte avanti e indietro per evocare ricordi che raccontano tutto di lui. L’approfondimento introspettivo che caratterizza la prima parte del romanzo, intitolata Balia, fa affiorare nel lettore una compassione assoluta. Patrizio si chiede quale senso abbia la sua vita, in un mondo che lo ignora, senza affetti né persone che credano in lui. Buie lacune del suo passato lo perseguitano e sigillano il suo vuoto affettivo.
“Tutto solo nella mia cameretta, un Diabolik tra le mani, mi chiedevo se avrei mai trovato la mia Eva Kant, terrorizzato dal riuscire solo a rispondermi che no, lì a Ferzano e forse anche altrove, per me ci sarebbero stati sempre sguardi gelidi, formali cenni della testa e occhiate di glaciale compassione”
Nella seconda parte del romanzo, intitolata Bufera, la voce di Greta si aggiunge al dialogo in prima persona direttamente con il lettore. Qui l’elemento fantastico e visionario emerge prepotentemente e suggerisce un movimento che contrasta con l’immobilità interiore della prima parte. Il cambiamento esiste, metaforico o reale non fa differenza, e si trascina dietro la speranza di avere una seconda opportunità.
“I Valkoi donavano e conservavano.
Trascinati verso le altezze dei duomi di ghiaccio che si ergevano tra le pieghe della notte nevosa, le loro strofe erano unguenti, le loro danze canti di conforto.Valkoi promettevano e custodivano.
Non aveva importanza che la vita fosse destinata ad esaurirsi.
Restava pur sempre un angolo di terra in cui trapiantare gli arbusti recisi. Prodiga per loro si faceva la notte incarcerata dai barbagli della luna in fiamme. La spuma del mare era brina sospinta dalle bufere sui coppi dei tetti che a sera mutavano nei bianchi bachi dei nidi di vespe. I cori dei bimbi mai nati gorgogliavano sotto lastre di ghiaccio vetroso, pesanti di dolorosa dolcezza. Le mura alte e materne erano branchie di manta che fluttuavano attorno alle mura più fragili assemblate dagli uomini.”
Il ritmo è scandito dai ricordi e dalle riflessioni, gli eventi sono valorizzati e sostenuti da minuziose rappresentazioni come in un’architettura naturale. Il lessico è estremamente vario, lo stile è caratterizzato da bizzarre astrazioni, metafore tanto azzardate quanto evocative. L’autore padroneggia il potere delle parole con profonda maestria; trasforma le descrizioni in azioni, la stasi in dinamismo, come un alchimista che dalla pietra tira fuori l’oro.
Alessandro Fantini offre un’esperienza di lettura unica e mai scontata, dove niente è prevedibile. Può risultare a tratti incomprensibile, per chi si ostina a rimanere ancorato a una visione granitica di realtà; ma tutto cambia, anche davanti ai nostri occhi, e se accettiamo che le visioni diventino reali, allora sì, allora possiamo apprendere molto. Quando un treno che sfreccia in una valle innevata diventa una lama che silenziosa scivola nel gelido candore, allora diventa tutto chiaro.